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Autismo: la storia

Il termine “Autismo” viene coniato nell’ambito della psicologia clinica intorno al 1940 L. Kanner e parallelamente H. Asperger, descrivendo un quadro con gli stessi comportamenti ricorrenti in cui era stato messo in risalto l’aspetto della solitudine mentale, a seguito della quale il bambino tende a non considerare gli stimoli che arrivano dall’esterno e ha la tendenza a chiudersi nel proprio mondo interno. Come psicologi a Torino vorremmo sottolineare che si tratta di una sindrome che compromette lo sviluppo del bambino oltre che nell’area relazionale e sociale, anche nella comunicazione e nel comportamento. Seguendo gli attuali manuali di neuropsichiatria i criteri diagnostici a cui facciamo riferimento per far diagnosi di autismo sono i seguenti: esordio tra i 18/24 mesi e il terzo anno, mancanza di contatto visivo, modo obliquo di guardare gli oggetti cui i bambini sono interessati in maniera selettiva, povertà di espressioni facciali e gestuali, assenza di linguaggio o uso ecolalico, interessi singolari o ristretti che possono manifestarsi in stereotipie che sfociano, se interrotte, in crisi aggressive verso sé o gli altri, comportamenti impulsivi apparentemente scollegati dagli stimoli del contesto e mancanza di contatto empatico.

L’Autismo è una patologia cui si è dato un nome solo in tempi recenti, tuttavia è stata sempre presente nella storia: se ne possono trovare delle testimonianze in alcuni dipinti medioevali che narrano la storia di un demone che, introducendosi nelle abitazioni delle famiglie, sostituisce il neonato con un piccolo di diavolo. Questa descrizione fa comprendere quali vissuti angoscianti vengano associati al disturbo e come un bimbo che soffre di tale patologia possa difficilmente essere compreso dall’esterno, queste le ragioni per cui  l’ignoranza del tempo portava la gente ad inventare storie di superstizione per esorcizzare la paura. Come psicoterapeuti a Torino riconosciamo quanto ancora oggi l’autismo sia per la medicina e per la psicologia sconosciuto in molti suoi aspetti; per questo motivo la diagnosi di autismo fa riferimento solo a criteri comportamentali che è possibile osservare direttamente da parte del neuropsichiatra. Per quanto la scienza la consideri una sindrome biologicamente determinata, non si è a conoscenza di cause organiche specifiche nell’eziogenesi  dell’autismo e non è stato individuato alcun gene responsabile della patologia. Da alcuni anni psichiatri e psicologi a Torino sono concordi nel considerare che ci possano essere sintomatologie molto simili tra loro che sono manifestazione di varie situazioni patologiche diverse e di diversa eziologia che stanno alla base del disturbo, per questo attualmente si parla di Disturbi dello Spettro Autistico e in questo senso più che cercare di capire cosa sia l’Autismo da un punto di vista qualitativo, risulta più utile concentrarsi sull’aspetto “quantitativo” per poter definire il livello di gravità. Il Centro di psicoterapia e psicologia a Torino reputa questo tipo di diagnosi risulta più funzionale al trattamento e alla possibilità di pensare da caso a caso un progetto mirato di cura.

La storia di questa particolare sindrome è molto variegata e in continuo aggiornamento. Intorno gli anni’70 l’Autismo veniva considerato dagli psicoanalisti americani la conseguenza di un grave evento traumatico dell’infanzia che riguardava il rapporto psicopatologico tra madre e figlio: nella concezione dell’epoca tali bambini venivano considerati come contenitori vuoti in quanto mancanti di qualcosa.

Attualmente tra i vari psicologi a Torino sono ancora presenti alcuni filoni di pensiero che vedono tale patologia infantile frutto della mancanza di una capacità cognitiva che consentirebbe una lettura delle emozioni, desideri e pensieri altrui. In questo senso il bambino sarebbe incapacitato a sviluppare una corretta e sana teoria della mente. La psicologia clinica ha integrato tale teoria ipotizzando anche un’assenza delle capacità di astrazione.

A tali teorie della mente cognitivo-comportamentali si è contrapposto un approccio, sempre nell’ambito della psicologia clinica, che considera maggiormente importanti le componenti relazionali e fondato sul concetto di soggettività primaria: tale visione, sempre nata negli anni’70, ha messo in evidenza che i bambini nascono con una competenza biologica ad entrare in rapporto con la principale figura accudente e da questa principale relazione si possono poi sviluppare altre capacità cognitive e sociali. Considerando questi presupposti Hobson, con la teoria socioaffettiva, ha ipotizzato che l’Autismo derivi da un’incapacità innata di relazionarsi con la madre. Tale impossibilità, porterebbe a non riconoscere gli stati mentali degli altri, alla compromissione dei processi di simbolizzazione, al deficit del linguaggio e al deficit della cognizione sociale. In questo senso la relazione materna non sarebbe vista come causa della patologia, piuttosto un ambito in cui rilevare i deficit primari e una componente biologica importante. Come psicoterapeuti psicologi a Torino seguiamo con interesse questi sviluppi della teoria.

Non essendo state individuate alcune mancanze dal punto di vista organico, le persone con diagnosi di Autismo vengono nella maggior parte dei casi trattate solo dal punto di vista comportamentale, quindi con metodi che consentono di insegnare concretamente ciò che potrebbe essere utile imparare per il paziente, nel tentativo di andare nello stesso tempo ad esaurire i comportamenti indesiderati. Emerge quindi ancora la presenza simbolica della concezione delle persone autistiche come mancanti di qualcosa, una fortezza vuota.

Ci sono tuttavia ricerche scientifiche che adottano una visione differente con la quale il Centro di psicologia Torino si trova in accordo: per capire le cause dell’autismo non è utile individuare singoli moduli comportamentali o singoli geni responsabili, quanto maggiormente riuscire a focalizzare e tenere insieme i vari processi che intercorrono simultaneamente e che stanno alla base dei processi funzionali. Tale approccio della mente ecologico vede i comportamenti come esiti degli scambi comunicativi dei soggetti in questione: il focus diventa quello dei processi che consentono di connettersi tra le persone.

Negli anni’90 c’è stata una scoperta che ha rivoluzionato le conoscenze eziologiche riguardo questa complessa patologia: Giacomo Rizzolatti scoprì i neuroni specchio come base biologica del sentimento dell’empatia. Le verifiche condotte con strumenti specifici quali la tecnica di Imaging a Risonanza Magnetica Funzionale hanno dimostrato che i ragazzi autistici hanno i neuroni specchio funzionanti quanto le persone con uno sviluppo evolutivo nella norma. Tale prospettiva presuppone di considerare il soggetto autistico come un individuo competente nel rapportarsi con altri individui e il mondo, ma in una modalità e in un linguaggio diverso da quello a cui siamo abituati: è necessario per lo psicologo infantile non sopravvalutare la parte razionale dell’interconnessione tra persone e ambiente, spesso la relazione ha a che fare con aspetti irrazionali e inconsci. Come psicoterapeuti a Torino possiamo fare l’esempio di quanto spiegato nella relazione tra la madre e il neonato, fatta di aspetti non verbali anche se carica di comunicazione e interscambi affettivi. Basti pensare al concetto di creatività, intesa come una competenza appartenente a tutti gli individui, che permette di adattarsi a processi di interconnessione diversi a seconda del contesto o dalla predisposizione biologica, accedendo così alla possibilità di dare origine a cambiamenti imprevedibili. E’ importante considerare l’innata e potenziale capacità dell’uomo di adattarsi a seconda delle richieste esterne o interne. In questo senso la patologia viene considerata dalla psicologia clinica a Torino attuale come una diversa modalità di connettersi con il mondo ed è possibile adattarsi a tale modalità.

Come psicoterapeuti psicologi a Torino pensiamo che in alcune situazioni possano essere utili percorsi di counseling psicologico con i genitori per un progetto terapeutico di sostegno della loro funzione nel tentativo quotidiano che li porta a cercare di capire il loro bambino e il modo migliore di relazionarsi con lui. E’ difficile la connessione con il linguaggio proprio dell’autistico e spesso i genitori si sentono sconfortati e impotenti. Il nostro approccio non va nella direzione di capire esclusivamente cosa manca al bambino, ma il tentativo è nella direzione di entrare in risonanza con la sua peculiare modalità comunicativa che è sintonizzata più su un piano sensoriale che razionale. Il Centro di psicoterapia e psicologia clinica non tratta direttamente il disturbo ma può entrare in un progetto multidisciplinare attraverso la collaborazione con altri servizi e offre supporto psicologico ai genitori di bambini autistici (terapia di coppia genitoriale).

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