Mese: Ottobre 2018

Aborto precoce e lutto prenatale

Psicologi a Torino evidenziano come sotto un profilo identitario la maternità e la paternità sono antecedenti alla nascita di un figlio, infatti il bambino nasce nell’immaginazione della coppia prima del suo concepimento e i genitori passeranno i mesi successivi a prepararsi al nuovo arrivo: i pensieri che riguardano il futuro nascituro sono gli elementi che vanno a creare il legame, spiega lo psicologo infantile, che è correlato al tempo di attesa e al desiderio di avere un figlio. Nella nostra esperienza di psicoterapeuti a Torino nel momento in cui avviene il concepimento e durante la gravidanza comincia ad instaurarsi un vero e proprio legame di attaccamento. Madre e bambino cominciano ad interagire scambiandosi stimoli, pensieri ed emozioni e tutta la famiglia inizia ad aprire uno spazio mentale interno per accogliere il nascituro. Immaginare il bambino nella propria realtà quotidiana prima ancora della sua nascita e cominciare ad adattare la coppia coniugale al nuovo arrivo ha uno specifico ruolo evolutivo: il genitore pensando alla futura vita con figlio proietta le sue aspettative su di lui e lo concepisce come la realizzazione di un progetto personale e di coppia, così il bambino comincia a crescere nella mente dei genitori molto tempo prima della sua nascita. Queste riflessioni nascono anche dal counseling psicologico con coppie che non hanno potuto realizzare la genitorialità e si sono trovate a vivere la sofferenza per un aborto spontaneo a Torino.

Il Centro psicologia Torino mette in luce l’importanza di considerare la sofferenza per un aborto un vero e proprio lutto, particolarmente difficile da affrontare in quanto profondo e pervasivo: vi è la scomparsa di una persona unica, molto presente nelle fantasie dei genitori nonostante non sia stata conosciuta a livello reale. In alcuni casi questo può venire a costituire un vero e proprio trauma la cui elaborazione può durare dai 6 mesi ai 2 anni e per la quale in alcuni casi sarebbe utile procedere con un intervento di counseling psicologico per favorire il decorso naturale di tale processo e il superamento della sofferenza per l’aborto come morte fetale, che può lasciare il segno e favorire l’insorgere di una depressione. 

Il pensiero comune tende a diffondere l’idea che la morte del feto abbia un impatto emotivo minore nei parenti rispetto ad un lutto che avviene dopo il parto. Psicoterapeuti a Torino ritengono che la difficoltà  a comprendere la sofferenza per un aborto spontaneo sta nel fatto che il bambino non è stato conosciuto all’esterno, ma albergava nell’immaginazione della mente dei genitori, e questo rende difficile la condivisione del dolore dal momento che nessuno, a parte i parenti, ha avuto la possibilità di pensare alla nuova vita e costruire alcun legame.

La psicologia clinica esplica che nel lutto prenatale la sofferenza dell’aborto riguarda la perdita di una persona unica, nata nelle immaginazioni e persa prima ancora di essere conosciuta ed è seguita in molti casi dal senso di fallimento da parte della madre nella capacità di conservare e mettere al mondo una vita, come emerge nei percorsi di psicoterapia a Torino. Infatti durante la gravidanza tutte le energie fisiche, emotive e relazionali sono direzionate nel formare una nuova vita e quando questo progetto fallisce l’elaborazione dell’evento risulta molto difficile. Si tratta di un lutto inaspettato e innaturale nella mente della coppia che spesso si traduce in un senso di perdita da parte della madre della propria capacità di generare vita e quindi in un senso di fallimento nella propria “funzione femminile” e questo può portare a sentimenti di odio verso il proprio corpo e sé stesse; nella nostra esperienza di psicoterapeuti con donne portatrici di sofferenza per un aborto spontaneo la rabbia è stata rivolta verso la zona della pancia, per cui le pazienti non riuscivano più a guardarla, evitavano di metterla in mostra e desideravano che tornasse com’era prima della morte fetale, per cancellare al più presto i segni di una gravidanza che ha generato tanta sofferenza per l’aborto subito. Inoltre nella fase della gravidanza il bambino è parte della madre e quindi la sua perdita può esser esperita come la perdita di una parte di sé stessa e generare un grande senso di vuoto. Nei percorsi di psicoterapia a Torino emerge l’aborto come sofferenza del feto, nel senso che alcune donne soffrono nell’identificazione con il loro bambino perduto e sono angosciate all’idea che abbia dovuto affrontare l’esperienza della morte, si domandano se e quanto abbia potuto soffrire. In molti casi questi sono vissuti irrazionali della mente causati dalla sofferenza dell’aborto, sofferenza mentale ma in alcuni casi anche fisica per la donna, che la porta ad interrogarsi su cosa abbia potuto provare il suo bambino, anche quando si tratta di una morte fetale nei primissimi stadi della gravidanza.

Bowlby nell’ambito della psicologia clinica ha parlato in maniera approfondita di questo profondo processo di perdita, scandendolo in quattro fasi la sofferenza di un aborto: Stordimento ed incredulità; Struggimento per la persona perduta; Disorganizzazione e disperazione; Riorganizzazione.

La prima fase di Stordimento e incredulità prevede di vivere uno stato di shock e disperazione che, come si è detto, è proporzionale a quanto era imprevedibile l’evento dell’aborto spontaneo e quanto fosse desiderata la gravidanza. Non essendoci ricordi concreti legati al bambino in quanto persona reale, è necessario attenersi a quelli fantasticati per elaborare il lutto dell’aborto. E’ molto importante sentire di non essere lasciati soli nel primo periodo di accettazione dell’accaduto, in quanto sarà necessario affrontare un periodo in cui il desiderio di ciò che si è perduto diventa molto intenso e invadente insieme ad una colpevolizzazione di sé per la fantasia di aver contribuito alla perdita del bambino. Appena è possibile realizzare il lutto vi è un senso di profonda tristezza, confusione e senso di colpa che caratterizzano la sofferenza di un aborto spontaneo.

Quando è presente una psicoterapia a Torino in questa prima fase è importate che nel rapporto terapeutico fin dalle sedute di counseling psicologico vengano affrontati i pensieri e le aspettative che i genitori si erano creati durante il periodo gestazionale e i pensieri ossessivi di colpevolizzazione e inadeguatezza nel creare vita. Contenere tali vissuti è importante anche in vista di una futura altra gravidanza che può essere immaginata con un livello molto elevato di ansia, che in alcuni casi può bloccare il desiderio di fare progetti e investimenti futuri.

La fase di Struggimento della persona perduta può durare fino a diversi anni. Nella nostra esperienza di psicologi l’emozione prevalente in questa fase di elaborazione della sofferenza per un aborto a Torino è quella della rabbia con sentimenti di rammarico e ingiustizia per ciò che è accaduto, vi sono evidenti tentativi di ricercare i colpevoli e contrattazioni talvolta con il sovrannaturale. Nella relazione con le donne che presentano una sofferenza da aborto spontaneo a Torino emergono pensieri quali “Perchè proprio a me è toccato questo destino? Perchè Dio ha voluto punirmi?”. Nei momenti più difficili vi è la sensazione di perdere il controllo per non aver avuto la possibilità di scegliere, indirizzando la rabbia verso altre persone come capi espiatori. In questo momento possono presentarsi sintomi ansiosi da stress post traumatico come insonnia, flash back e incubi.

Disorganizzazione e disperazione è la fase più lunga e delicata, caratterizzata da emozioni persistenti di tristezza e umore depresso per la morte fetale. La persona appare più disinteressata al mondo esterno e apatica rispetto alla fase precedente per la paura di non sentirsi compresa dagli altri e per provare una forte invidia nei confronti delle altre madri. Non sempre la donna ha accanto persone capaci di normalizzare ai suoi occhi ciò che vive a causa della sofferenza per l’aborto e che la aiutino a stemperare i vissuti di colpa. Più spesso nella nostra esperienza di psicoterapeuti a Torino i familiari tendono a razionalizzare l’accaduto e a non legittimare i vissuti della donna nel tentativo di farla ragionare e soffrire di meno ma tale atteggiamento può aumentare la sensazione di solitudine nell’impossibilità di sentirsi compresa.

Nella fase di Ristrutturazione vi è la possibilità di una riorganizzazione interna. A questo punto è possibile realizzare il distacco dalla persona amata e lentamente riadattarsi alla realtà e al mondo sociale e superare la sofferenza per l’aborto spontaneo. In questo momento si rende necessaria una ristrutturazione emotiva e cognitiva per cui si concepisce una nuova immagine di sé e si realizza come a causa della morte fetale l’evento della perdita del bambino sia irreversibile. Questo permette un “disgelo emotivo”, la ricerca di aiuto e la percezione di una sofferenza non angosciante. L’accettazione dell’evento apre alla possibilità di sviluppare nuovi interessi e un’organizzazione di vita senza considerare la presenza del bambino, al fine di dar spazio ad un ritorno alla possibilità di legami e alla voglia di maternità. L’aborto precoce è un lutto non riconosciuto come tale dal mondo esterno; per questo motivo è necessario più tempo per alcune donne per elaborare la sofferenda di un aborto rispetto a quello necessario per superare la perdita di una persona scomparsa in vita. Il ruolo delle famiglie d’origine è importante nel sostegno dei genitori in lutto.

Psicologi a Torino pongono attenzione nel considerare che le reazioni sono diverse a seconda che riguardino la madre o il padre, ad esempio da un punto di vista evoluzionistico le femmine dei mammiferi passano naturalmente più tempo spendendo più energie nel processo riproduttivo rispetto ai maschi, quindi si presume che i sentimenti verso il futuro nascituro siano più intensi da parte delle madri. Bisogna però considerare che le reazioni dei padri nella sofferenza per un aborto sono poco conosciute perché prese meno in considerazione rispetto ai sentimenti della madre. Spesso gli uomini non sono educati a piangere e ad esprimere le proprie emozioni che riguardano la debolezza e spesso manifestano la sofferenza per un aborto spontaneo della partner con nervosismo e ritirandosi nel lavoro nascondendo a sé stessi i propri sentimenti.

La morte prenatale è un notevole fattore di rischio di malessere emotivo che può influire negativamente sulle gravidanze successive, per questo può essere utile ricevere un sostegno attraverso sedute di counseling psicologico: è importante che una nuova gravidanza non svolga la funzione di colmare il vuoto della perdita del bambino precedente. Nelle gravidanze che possono seguire  un aborto spontaneo la donna si trova a vivere spesso sentimenti profondamente contrastanti: anche quando desidera coinvolgersi emotivamente può sentirsi distaccata, non riesce a lasciarsi andare e gioire per la vita che sta nascendo dentro di sè perchè ha molta paura e sente la presenza dell’ombra della morte a causa del precedente aborto fetale. In tal senso viene bloccato il naturale investimento emotivo che una donna in dolce attesa rivolge verso il proprio bambino. Può capitare di negare la nuova gravidanza per la paura del ripetersi della perdita, assumendo quindi atteggiamenti iperprotettivi e di ansia o al contrario distacco e indifferenza che nascondono una mancata elaborazione della sofferenza dell’aborto. Un’altra reazione comune nelle madri che non superano l’aborto è quella di idealizzare il bambino perduto a discapito di quello avuto, spiega lo psicologo infantile. In questo modo il bambino presente non si sentirà mai all’altezza degli ideali materni (Sindrome del sopravvissuto o PASS).

Al Centro psicologia Torino è possibile intraprendere percorsi di counseling psicologico in cui concedersi il tempo e lo spazio per i sentimenti vissuti e pensieri durante una nuova gravidanza, integrare l’evento che ha causato sofferenza per l’aborto a Torino e le successive evoluzioni nella propria vita. Un’attenzione maggiore nelle fasi appena successive all’aborto può aiutare nella ripresa emotiva e fornire uno strumento utile per lo sviluppo della propria resilienza poiché una mancanza di supporto nel momento del bisogno può trasformarsi in un trauma che si aggiunge al vissuto del lutto prenatale. Sarebbe opportuno iniziare un percorso di counseling psicologico al Centro psicologia Torino nel momento stesso in cui si subisce la perdita, poter anche accettare di non iniziare subito una nuova gravidanza se non si è pronti: è bene lasciare al corpo il tempo di riprendersi ed elaborare la sofferenza dell’aborto a Torino. Per evitare che le paure influenzino i vissuti di una nuova gravidanza un percorso di psicoterapia a Torino può essere di sostegno,  in alcuni casi può essere indicata una terapia di coppia per lasciare tempo alla dimensione della coppia di ritrovarsi in quanto tale prima di riprogettare la genitorialità.

In particolare la tecnica dell’EMDR svolta al Centro psicologia Torino si focalizza sui Disturbi Post Traumatici da Stress e può essere indicata per sbloccare i meccanismi disfunzionali. Un percorso di psicoterapia a Torino non potrà eliminare il dolore nell’illusione di vivere come niente fosse successo, ma aiuterà a maturare l’esperienza vissuta della sofferenza per l’aborto per liberare i genitori dalle eventuali tendenza a colpevolizzarsi e a reputarsi incapaci o ingrati di fronte ad una nuova gravidanza e possibilità di diventare genitori. Il trattamento EMDR utilizzato all’interno di un percorso di psicoterapia a Torino, si configura come una tecnica utile a questo tipo di lavoro: affrontare e “smantellare” le credenze che stanno alla base di emozioni disadattive e non realistiche e arrivare, lentamente, ad accettare la sofferenza per l’aborto precoce.

Autismo: la storia

Il termine “Autismo” viene coniato nell’ambito della psicologia clinica intorno al 1940 L. Kanner e parallelamente H. Asperger, descrivendo un quadro con gli stessi comportamenti ricorrenti in cui era stato messo in risalto l’aspetto della solitudine mentale, a seguito della quale il bambino tende a non considerare gli stimoli che arrivano dall’esterno e ha la tendenza a chiudersi nel proprio mondo interno. Come psicologi a Torino vorremmo sottolineare che si tratta di una sindrome che compromette lo sviluppo del bambino oltre che nell’area relazionale e sociale, anche nella comunicazione e nel comportamento. Seguendo gli attuali manuali di neuropsichiatria i criteri diagnostici a cui facciamo riferimento per far diagnosi di autismo sono i seguenti: esordio tra i 18/24 mesi e il terzo anno, mancanza di contatto visivo, modo obliquo di guardare gli oggetti cui i bambini sono interessati in maniera selettiva, povertà di espressioni facciali e gestuali, assenza di linguaggio o uso ecolalico, interessi singolari o ristretti che possono manifestarsi in stereotipie che sfociano, se interrotte, in crisi aggressive verso sé o gli altri, comportamenti impulsivi apparentemente scollegati dagli stimoli del contesto e mancanza di contatto empatico.

L’Autismo è una patologia cui si è dato un nome solo in tempi recenti, tuttavia è stata sempre presente nella storia: se ne possono trovare delle testimonianze in alcuni dipinti medioevali che narrano la storia di un demone che, introducendosi nelle abitazioni delle famiglie, sostituisce il neonato con un piccolo di diavolo. Questa descrizione fa comprendere quali vissuti angoscianti vengano associati al disturbo e come un bimbo che soffre di tale patologia possa difficilmente essere compreso dall’esterno, queste le ragioni per cui  l’ignoranza del tempo portava la gente ad inventare storie di superstizione per esorcizzare la paura. Come psicoterapeuti a Torino riconosciamo quanto ancora oggi l’autismo sia per la medicina e per la psicologia sconosciuto in molti suoi aspetti; per questo motivo la diagnosi di autismo fa riferimento solo a criteri comportamentali che è possibile osservare direttamente da parte del neuropsichiatra. Per quanto la scienza la consideri una sindrome biologicamente determinata, non si è a conoscenza di cause organiche specifiche nell’eziogenesi  dell’autismo e non è stato individuato alcun gene responsabile della patologia. Da alcuni anni psichiatri e psicologi a Torino sono concordi nel considerare che ci possano essere sintomatologie molto simili tra loro che sono manifestazione di varie situazioni patologiche diverse e di diversa eziologia che stanno alla base del disturbo, per questo attualmente si parla di Disturbi dello Spettro Autistico e in questo senso più che cercare di capire cosa sia l’Autismo da un punto di vista qualitativo, risulta più utile concentrarsi sull’aspetto “quantitativo” per poter definire il livello di gravità. Il Centro di psicoterapia e psicologia a Torino reputa questo tipo di diagnosi risulta più funzionale al trattamento e alla possibilità di pensare da caso a caso un progetto mirato di cura.

La storia di questa particolare sindrome è molto variegata e in continuo aggiornamento. Intorno gli anni’70 l’Autismo veniva considerato dagli psicoanalisti americani la conseguenza di un grave evento traumatico dell’infanzia che riguardava il rapporto psicopatologico tra madre e figlio: nella concezione dell’epoca tali bambini venivano considerati come contenitori vuoti in quanto mancanti di qualcosa.

Attualmente tra i vari psicologi a Torino sono ancora presenti alcuni filoni di pensiero che vedono tale patologia infantile frutto della mancanza di una capacità cognitiva che consentirebbe una lettura delle emozioni, desideri e pensieri altrui. In questo senso il bambino sarebbe incapacitato a sviluppare una corretta e sana teoria della mente. La psicologia clinica ha integrato tale teoria ipotizzando anche un’assenza delle capacità di astrazione.

A tali teorie della mente cognitivo-comportamentali si è contrapposto un approccio, sempre nell’ambito della psicologia clinica, che considera maggiormente importanti le componenti relazionali e fondato sul concetto di soggettività primaria: tale visione, sempre nata negli anni’70, ha messo in evidenza che i bambini nascono con una competenza biologica ad entrare in rapporto con la principale figura accudente e da questa principale relazione si possono poi sviluppare altre capacità cognitive e sociali. Considerando questi presupposti Hobson, con la teoria socioaffettiva, ha ipotizzato che l’Autismo derivi da un’incapacità innata di relazionarsi con la madre. Tale impossibilità, porterebbe a non riconoscere gli stati mentali degli altri, alla compromissione dei processi di simbolizzazione, al deficit del linguaggio e al deficit della cognizione sociale. In questo senso la relazione materna non sarebbe vista come causa della patologia, piuttosto un ambito in cui rilevare i deficit primari e una componente biologica importante. Come psicoterapeuti psicologi a Torino seguiamo con interesse questi sviluppi della teoria.

Non essendo state individuate alcune mancanze dal punto di vista organico, le persone con diagnosi di Autismo vengono nella maggior parte dei casi trattate solo dal punto di vista comportamentale, quindi con metodi che consentono di insegnare concretamente ciò che potrebbe essere utile imparare per il paziente, nel tentativo di andare nello stesso tempo ad esaurire i comportamenti indesiderati. Emerge quindi ancora la presenza simbolica della concezione delle persone autistiche come mancanti di qualcosa, una fortezza vuota.

Ci sono tuttavia ricerche scientifiche che adottano una visione differente con la quale il Centro di psicologia Torino si trova in accordo: per capire le cause dell’autismo non è utile individuare singoli moduli comportamentali o singoli geni responsabili, quanto maggiormente riuscire a focalizzare e tenere insieme i vari processi che intercorrono simultaneamente e che stanno alla base dei processi funzionali. Tale approccio della mente ecologico vede i comportamenti come esiti degli scambi comunicativi dei soggetti in questione: il focus diventa quello dei processi che consentono di connettersi tra le persone.

Negli anni’90 c’è stata una scoperta che ha rivoluzionato le conoscenze eziologiche riguardo questa complessa patologia: Giacomo Rizzolatti scoprì i neuroni specchio come base biologica del sentimento dell’empatia. Le verifiche condotte con strumenti specifici quali la tecnica di Imaging a Risonanza Magnetica Funzionale hanno dimostrato che i ragazzi autistici hanno i neuroni specchio funzionanti quanto le persone con uno sviluppo evolutivo nella norma. Tale prospettiva presuppone di considerare il soggetto autistico come un individuo competente nel rapportarsi con altri individui e il mondo, ma in una modalità e in un linguaggio diverso da quello a cui siamo abituati: è necessario per lo psicologo infantile non sopravvalutare la parte razionale dell’interconnessione tra persone e ambiente, spesso la relazione ha a che fare con aspetti irrazionali e inconsci. Come psicoterapeuti a Torino possiamo fare l’esempio di quanto spiegato nella relazione tra la madre e il neonato, fatta di aspetti non verbali anche se carica di comunicazione e interscambi affettivi. Basti pensare al concetto di creatività, intesa come una competenza appartenente a tutti gli individui, che permette di adattarsi a processi di interconnessione diversi a seconda del contesto o dalla predisposizione biologica, accedendo così alla possibilità di dare origine a cambiamenti imprevedibili. E’ importante considerare l’innata e potenziale capacità dell’uomo di adattarsi a seconda delle richieste esterne o interne. In questo senso la patologia viene considerata dalla psicologia clinica a Torino attuale come una diversa modalità di connettersi con il mondo ed è possibile adattarsi a tale modalità.

Come psicoterapeuti psicologi a Torino pensiamo che in alcune situazioni possano essere utili percorsi di counseling psicologico con i genitori per un progetto terapeutico di sostegno della loro funzione nel tentativo quotidiano che li porta a cercare di capire il loro bambino e il modo migliore di relazionarsi con lui. E’ difficile la connessione con il linguaggio proprio dell’autistico e spesso i genitori si sentono sconfortati e impotenti. Il nostro approccio non va nella direzione di capire esclusivamente cosa manca al bambino, ma il tentativo è nella direzione di entrare in risonanza con la sua peculiare modalità comunicativa che è sintonizzata più su un piano sensoriale che razionale. Il Centro di psicoterapia e psicologia clinica non tratta direttamente il disturbo ma può entrare in un progetto multidisciplinare attraverso la collaborazione con altri servizi e offre supporto psicologico ai genitori di bambini autistici (terapia di coppia genitoriale).

La stanza della terapia

LA STANZA DELLA TERAPIA

La stanza di terapia secondo la psicologia clinica assume una funzione simbolica importante, poichè non è solo un luogo che esiste di per sè, ma uno spazio relazionale in cui paziente e terapeuta si incontrano e condividono determinate regole, dando avvio insieme ad un processo terapeutico. Ai primordi della psicoanalisi, intorno alla fine del 1800, Freud inventò per la prima volta il concetto di setting concreto in cui accogliere il paziente, con precise regole da rispettare, insieme ad un setting mentale, all’interno della psiche dell’analista, lo spazio in cui contenere e custodire ciò che veniva espresso dal paziente. L’approccio psicoanalitico prevedeva la disposizione di una sedia e un lettino in modo che gli sguardi dei soggetti non si incrociassero al fine di favorire la possibilità da parte del paziente di rilassarsi e lasciare andare la mente; successivamente, con Jung, questo assetto venne modificato concependo la possibilità di guardarsi durante la terapia, allestendo quindi due poltrone una davanti all’altra, per migliorare la relazione tra paziente e analista.

Nello specifico, il Centro psicologia Torino concepisce il setting come un assetto mentale oltre che uno spazio concreto, pensato per accogliere il paziente (ad esempio la stanza per la terapia infantile viene allestita dallo psicologo infantile in maniera differente, per andare incontro al modo di esprimersi del bambino). Nella nostra esperienza di psicoterapeuti psicologi a Torino il setting è uno strumento che permette all’analisi di mettere in risalto le caratteristiche della relazione che si crea tra terapeuta e paziente: comprende lo spazio fisico e un insieme di atteggiamenti comportamentali e mentali che consentono al paziente di venire a contatto con le parti interne inconsce, infantili o di difficile avvicinamento perché generano conflitto. Il setting ha una duplice funzione, in primis cerca di creare uno spazio fisico e un approccio relazionale per avvicinare il paziente, metterlo in una condizione di agio e di sicurezza affinchè possa fidarsi e si possa instaurare l’alleanza terapeutica, necessaria e fondamentale per avviare il processo trasformativo della psicoterapia a Torino. Inoltre il setting ripropone seduta dopo seduta uno spazio stabile, che diventa per noi psicoterapeuti un campo di osservazione, lo sfondo da cui poter cogliere i cambiamenti di umore e il trasformarsi della relazione, mettendo in luce i bisogni profondi del paziente che il terapeuta si appresta a comprendere nel processo di cura.

Psicoterapeuti di orientamento psicodinamico utilizzano la relazione come principale strumento di cura, perchè attraverso l’analisi del rapporto con il paziente durante la psicoterapia a Torino, si aiuta la persona a divenire consapevole del proprio funzionamento interno. Una delle funzioni del terapeuta è quella di riflettere come uno specchio le proiezioni inconsce del paziente. Psicoterapeuti a Torino descrivono la proiezione come quel trasferimento inconscio, quindi inconsapevole e non controllabile, di elementi interni soggettivi su un oggetto esterno: colui che proietta vede in questo oggetto qualcosa che non è presente, o c’è solo in piccola parte. Inoltre non sono soltanto le qualità negative di una persona a essere proiettate all’esterno, ma in uguale misura anche quelle positive.

Un altro elemento da prendere in considerazione se si parla di counseling psicologico è quello delle resistenze, sempre presenti in varie forme nei percorsi di psicoterapia a Torino. Queste rappresentano le modalità del paziente di impedire l’accesso alla propria dimensione inconscia perché contenente vissuti troppo dolorosi o perché i tempi non sono maturi. Il Centro psicologia Torino mette in evidenzia che le resistenze possono essere presenti anche nel ruolo di analista, poiché durante la terapia in lui si attiva ciò che è chiamato controtransfert, ovvero tutta una serie di emozioni scatenate in risposta all’atmosfera emotiva del paziente, che è assolutamente necessaria per comprendere appieno il mondo interno di chi si sta raccontando. E’ riferendosi a questa importante parte dell’analisi, Jung introduce la modalità terapeutica vis-à-vis, in cui appunto entrambe le parti sono poste sullo stesso piano, legate in maniera reciproca dal proprio vissuto inconscio. Al Centro psicoterapia Torino è attraverso questa combinazione relazionale che si può andare a creare quella che è un’unità che è la totalità del paziente, resa possibile dal doppio relazionale. In questo senso i due protagonisti della psicoterapia costituiscono una complementarietà in cui ciò che ciascun membro prova è in stretta connessione con quello che prova l’altro e ciò che è importante è quello che accade nella relazione. Come psicoterapeuti psicologi a Torino abbiamo, attraverso la formazione e l’analisi personale, affinato lo strumento del comprendere ciò che accade nel qui e ora della relazione con il paziente e, attraverso l’analisi delle proiezioni del paziente e del controtransfert del terapeuta, si rende possibile la comprensione delle dinamiche inconsce in atto, per aiutare la persona in psicoterapia a capirsi e a non ripetere quei meccanismi che creano sofferenza in lui e nel suo rapporto con il mondo esterno.

Nei percorsi di psicoterapia a Torino la stanza della terapia delimita quindi uno spazio che rappresenta anche uno spazio psichico del paziente, come manifestazione del prendersi cura della propria interiorità, lo spazio in cui si giocano dinamiche affettive tra terapeuta e paziente e l’incontro delle emozioni sia all’interno della relazione che nel contatto con sé stessi. In questo senso, mentre Freud pensava al terapeuta nel ruolo di professionista che doveva in maniera distaccata risolvere enigmi, con Jung diventa colui che è disposto a farsi attraversare dalle stesse ferite provate dal paziente, ad accettare e tollerare insieme a lui il tempo necessario per una trasformazione e vivere immagini e racconti in prima persona, prima di dare interpretazioni.

Nella nostra esperienza di psicoterapeuti psicologi a Torino ciò che è importante nel setting è la presenza dell’altro, anche emotiva, tramite cui è possibile l’incontro degli inconsci.

Tuttavia, i tempi moderni impongono diversi cambiamenti per quel che riguarda la concezione del setting classicamente pensato, aprendosi a nuove richieste di consulenza si presuppongono nuovi modelli di cura: oggigiorno presso il Centro psicologia Torino non arrivano solo richieste di consulenza per iniziare un percorso di psicoterapia individuale ma talvolta la domanda può riguardare il counseling psicologico per comprendere i bisogni di bambini molto piccoli, la richiesta di terapia di coppia, terapia familiare, di terapia di gruppo…ecc…

Una forma particolarmente diffusa e nuova di setting di psicoterapia a Torino è quello attivato attraverso siti internet. E’ una modalità sorta in America a metà del 1900 a causa del sempre più crescente numero di terapie interrotte per i motivi più svariati, che riguardano sia cause di lavoro, di tempo o necessità di trasferimento. Al Centro di psicologia Torino infatti è possibile accedere alla terapia anche via Skype, in modo da avvicinarsi il più possibile alle condizioni di una seduta normalmente concepita. La stanza della seduta viene quindi a modificarsi andando ad acquisire sempre più di relazioni di tipo virtuale, tuttavia anche in questa particolare modalità terapeutica il corpo può manifestarsi attraverso una comunicazione più emotiva. Gli psicoterapeuti del Centro psicologia Torino hanno ritenuto necessario considerare in maniera differente lo spazio reale della stanza d’analisi per adattarsi all’incontro virtuale su Skype, considerando che il tranfert rimane reale in quanto il contatto emotivo tra paziente e terapeuta è reale. Possono tuttavia cambiare alcuni obiettivi terapeutici, se con un setting classico si poteva pensare di svolgere una psicoterapia a Torino incentrata su un lavoro introspettivo e interpretativo, in una terapia online psicologi a Torino tendono a concentrarsi maggiormente su aspetti di supporto e arricchimento delle relazioni andando a concepire la terapia come una focalizzazione su aspetti del qui ed ora della relazione. Ogni progetto terapeutico viene comunque pensato sulla base delle esigenze del paziente, anche se strumenti diversi ci portano come psicoterapeuti psicologi a Tonino a riflettere sul loro uso e sulle possibilità e limiti che essi pongono.